Gintoneria a Milano: convalidato sequestro di 900mila euro, solo 80mila rintracciati

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Le recenti decisioni del Tribunale di Milano hanno portato alla convalida di un sequestro significativo nell’ambito dell’inchiesta riguardante ‘La Gintoneria’, un locale gestito da Davide Lacerenza. Questo provvedimento, emesso dalla pm Francesca Crupi, riguarda oltre 900mila euro, ma attualmente sono stati rintracciati solo poco più di 80mila euro.

convalida del sequestro e motivazioni

Il sequestro preventivo d’urgenza è stato convalidato il 12 marzo dalla gip Alessandra Di Fazio. Secondo le indagini condotte dalla polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza, il denaro sequestrato sarebbe riconducibile a operazioni di autoriciclaggio e a un presunto giro di prostituzione e droga. Le persone coinvolte in questa vicenda includono:

  • Davide Lacerenza
  • Stefania Nobile
  • Davide Ariganello

risultati delle indagini finanziarie

Attualmente, gli investigatori hanno identificato solo una parte dei fondi sospetti: circa 33mila euro su un conto in Lituania, 40mila su conti italiani e circa 10mila euro in contante. Questi importi sono considerati riconducibili a Lacerenza, che risulta essere il titolare de ‘La Gintoneria’. Al contrario, Nobile appare come dipendente, ma secondo la Procura potrebbe essere una socia occulta dell’attività.

sospetti sugli investimenti esteri

L’indagine ha sollevato dubbi riguardo al possibile trasferimento all’estero di parte dei proventi illeciti per investimenti in Albania.

sequestro dei locali e interrogatori

Nella stessa data del sequestro monetario, la gip Di Fazio ha anche approvato il sequestro impeditivo d’urgenza per i locali coinvolti: ‘La Gintoneria’ e ‘La Malmaison’, utilizzato come privé. La giustificazione risiede nel rischio che i locali possano essere riaperti sotto la gestione indiretta degli indagati tramite prestanome.

dichiarazioni durante l’interrogatorio

L’11 marzo, Lacerenza e Nobile si sono presentati davanti alla giudice per l’interrogatorio di garanzia. Assistiti dall’avvocato Liborio Cataliotti, entrambi hanno scelto di non rispondere alle domande formulate durante l’interrogatorio. Questa strategia legale è stata adottata poiché l’avvocato non aveva avuto accesso completo agli atti delle indagini.