Il Segreto di Nemo: Come il Pesce Pagliaccio Vive Sicuro tra gli Anemoni Velenosi

Il pesce pagliaccio è famoso per la sua abilità di nuotare tra i tentacoli degli anemoni senza subire lesioni, un aspetti osservabile anche nel noto film Alla ricerca di Nemo. Questo fenomeno rappresenta uno degli esempi più rilevanti di simbiosi nel mondo animale, dove il pesce beneficia della protezione fornita dai tentacoli velenosi, mentre l’anemone ottiene aiuto nella difesa e nella pulizia. Una recente scoperta scientifica ha fornito nuove informazioni su come i pesci pagliaccio riescano a evitare il contatto con il veleno negli anemoni, un mistero che ha suscitato l’interesse degli studiosi per oltre un secolo.
Il muco della pelle come protezione
Ricerche condotte da un team dell’Okinawa Institute of Science and Technology (OIST) hanno rivelato che la chiave dell’immunità dei pesci pagliaccio risiede nel muco che ricopre la loro pelle. Sebbene si fosse già appreso del ruolo protettivo di questo rivestimento, adesso è stato accertato che la sua efficacia è dovuta a una quantità di acido sialico notevolmente ridotta. Questo zucchero, comune in molti organismi, è cruciale nei processi di comunicazione cellulare, ma la sua presenza provoca l’attività delle nematocisti, le cellule urticanti degli anemoni.
La ricerca ha dimostrato che il basso contenuto di acido sialico permette ai pesci pagliaccio di ingannare le cellule urticanti degli anemoni, facendosi percepire come una parte del loro corpo.
Processo di sviluppo dell’immunità
Un altro aspetto interessante emerso dallo studio pubblicato sulla rivista BMC Biology è che non tutti i pesci pagliaccio sono immuni al veleno sin dalla nascita. Gli esemplari più giovani, infatti, presentano livelli elevati di acido sialico, rendendoli vulnerabili ai contatti con i tentacoli. Solo con la maturazione, caratterizzata dall’emergere della tipica colorazione arancione con strisce bianche, i livelli di acido sialico diminuiscono, permettendo di instaurare la simbiosi con l’anemone. Questo fenomeno non è raro, ma è stato osservato anche in altre specie marine.
La ricerca si interroga ora su come i pesci mantengano bassi i livelli di acido sialico. Due ipotesi principali sono emerse: la produzione di enzimi che degradano l’acido sialico o il ruolo del microbioma cutaneo, ovvero la comunità batterica presente sulla pelle, che potrebbe contribuire a ridurre questa molecola. Le somiglianze tra i microbiomi del pesce e quelli dell’anemone suggeriscono una possibile trasmissione di batteri, rafforzando ulteriormente l’interazione simbiotica.